Mentre scrivo mi sembra sia trascorso un secolo dal mio ultimo diario di viaggio.
Per parlare – della Sardegna questa volta – devo recuperare le emozioni e le sensazioni, i sapori, il colore della pelle che muta, il suo profumo, il rumore delle onde del primo mattino che si infrangono deboli sul bagnasciuga ancora disabitato da turisti e locali, la croccantezza del carasau. Ma un momento, andiamo per gradi.
Sono partita da Roma in un giorno di Luglio caldissimo. Io e mio fratello a Ciampino e l’alba del lunedì già arroventava gli oblò del volo Ryanair delle otto e venti.
Il primo aereo dopo due anni. Commovente. L’ultima volta era stata Vienna, Agosto 2019. Mille vibrazioni. Una nostalgia infinita. Forse una lacrima.
L’atterraggio un’ora più tardi a Cagliari. E l’inizio di un innamoramento folle.
Il paesino di Pula ad accoglierci, il delizioso bnb arcobaleno lungo un corso d’acqua in secca la base colorata dei nostri spostamenti per il sud della regione.
Faceva davvero troppo caldo e, dopo un pranzo a base di spaghetti alla carlofortina (pesto di basilico, pomodorini e tonno), ci siamo poggiati sul letto e sprofondati nel sonno.
Il risveglio dalla siesta è stato un paio d’ore prima del tramonto, mi sono infilata il vestito celeste che mi piace tanto e sono partita alla scoperta dell’area archeologica di Nora, ad un tiro di schioppo da Pula [costo del biglietto 8€ per persona, compreso di visita guidata – per info e prenotazioni clicca qui.]
Nora fu uno dei maggiori centri della Sardegna di età fenicia, punica e poi romana. Il sito è stato riportato alla luce negli anni ’50. Oggi è un parco archeologico in cui lavorano contemporaneamente quattro università italiane. E’ tempestata di mosaici meravigliosi e minuziosi.
L’area archeologica è aperta tutto il giorno, ma al tramonto ci sono una luce ed un’atmosfera stupende: il momento perfetto per visitarla.
La colazione al bnb aveva il sapore deciso della terra sarda: pardulas (pasticcini allo zafferano), yogurt di capra, mostaccioli, miele e un trionfo di altri dolci. Ne ho provato uno diverso ogni giorno. Poi a pancia piena si decideva cosa fare.
Un giorno siamo partiti alla volta della Spiaggia della Tuerredda.
Mai in vita mia avevo messo piede in spiaggia tanto presto, ma ne è di certo valsa la pena. La pace, il silenzio ed il raccoglimento di quel momento sono stati magia pura. Lo rifarei mille volte.
Perché così presto?
L’accesso alla spiaggia è contingentato (già prima della pandemia) e può accogliere fino a 700 unità per salvaguardare il paesaggio. Sabbia candida e mare cristallo. Quella volta neanche la protezione 50+ è stata d’aiuto e, in poco tempo, mi sono trasformata in un peperone. Pranzo veloce e frugale: un’insalatona deliziosa presso il ristorante dello stabilimento Poseidon e poi sole ed ancora sole. E sale.
Per la cena, sicuramente più cospicua, siamo andati non lontani da Pula al ristorante Corte noa per una pizza davvero ottima nella location ristrutturata di un’antica casa campidanese. La serata non poteva non concludersi che con una seada. Questo dolce tipico è costituito da un tortello fritto ripieno di formaggio fresco di pecora ed agrumi guarnito con miele.
Nuovo giorno, nuova spiaggia!
La mattina seguente sotto un sole più che cocente ci siamo diretti verso la non lontana spiaggia di Su Giudeu, una bellissima distesa di sabbia dorata che affaccia sul mare e che abbiano raggiunto tramite una lunga passerella di legno. Il mare sembrava un miraggio.
Neanche il tempo di posare quelle poche cose che avevo portato con me che già ero in acqua a godere di un po di refrigerio. Due ore o poco più a mollo esplorando l’isoletta di fronte alla spiaggia, il tempo di pranzare con qualcosa di leggero (non ricordo forse la solita insalata, che al mare non sbagli mai) e nel pomeriggio siamo tornati al bnb.
Dopo una doccia gelida ed un’oretta di riposo contro la calura la visita da fare era una sola: Cagliari.
E’ una città che si sviluppa su 7 colli – proprio come Roma – ed ha un centro storico delizioso come i suoi 1000 palazzi liberty le cui strade culminano nel panoramico bastione Saint Remy. Perdersi per gli eleganti viali alberati è stato facile e poetico, ma avevo una missione da compiere: individuare lo stadio (per il fratellino con la fissa per il calcio questo ed altro) e vedere il tramonto. Come far coincidere le cose?
Mi ero informata, avevo chiesto a qualche abitante della città mentre ero in centro e mi aveva confessato con un certo orgoglio che il posto perfetto era senza dubbio il Parco del monte Urpino da dove siamo finalmente riusciti a trovare questo benedetto stadio a godere del panorama della città incorniciata nei colori di un bellissimo tramonto.
Per cena rientro a Pula: mi aspettavano le pietanze più sarde che potessi aspettarmi da “a casa di nonna” a 10 passi dal bnb. Pane carasau come se piovesse ad accompagnare ogni tipo di antipasto a partire dai salumi e formaggi, passando alle polpette di carne d’asino, quelle allo zafferano fino ad arrivare al pecorino fritto. E’ stata poi la volta dei culurgiones, dei malloreddus e dell’agnello alla brace. Inutile dire che ho ringraziato infinitamente il cielo per essere distante dal mio letto quei soli 10 passi.
La Sardegna non è solo mare.
Lo testimonia l’escursione che abbiamo fatto il giorno seguente. Sant’Antioco è un’isola a Sud Ovest della Sardegna ed è collegata tramite in istmo e un ponte alla terraferma. Il suo porto più importante si trova nel paesino di Calasetta che viene anche soprannominato “il paese delle meraviglie”.
Il suo silenzio interrotto solamente dal rumore di un vento leggero e dal motore delle apette che giravano trasportando il pescato del giorno da un punto ad un altro, i colori del mare e del cielo contrastavano col candore delle costruzioni bianche sporcate dai leggerissimi colori pastello delle imposte.
Fiori di ogni tipo dappertutto.
Da qui abbiamo preso facilmente il traghetto per isola San Pietro e precisamente per il paese di Carloforte, unica città dell’isola dove ci sono tonnare famose in tutta la Sardegna.
Ma prima di imbarcarmi la fame si è fatta sentire e, a caso, ho scelto una trattoria di pesce che poi si è rivelata fantastica (e dove vorrei tornare subito), segnate: “Nord Ovest” dove ho mangiato il miglior trancio di tonno scottato della mia vita.
Isola San Pietro è molto più essenziale e selvaggia di Sant’Antioco: è vento e natura. Tantissima natura.
La sua costa occidentale è dominata dall’ottocentesco Faro di Caposandalo, il più a ovest d’Italia. Ho osservato talmente a lungo quel mare brillante che mi è sembrato di vedere la Spagna e ricordo raffiche di vento calde e fortissime che mi portavano tutti gli odori di questa terra: fichi, ginepro, mirto e rosmarino.
A cena fregola con le arselle, non si discute.
Il giorno successivo è stato lento come non mai. Risveglio e bagno nella vicinissima spiaggia di Is figus (a due passi da Nora), pranzo con il porcellino sardo e, per concludere, uno dei più bei tramonti mai visti.
Su un tappeto di velluto color del mare si poggiavano silenziosi tutti i colori dell’arcobaleno. La brezza leggerissima trasportava con sé della musica festosa, non capivo da dove provenisse.
E, mentre il sole delle 8 pian piano calava, io salivo verso la torre di Chia avvolta da fusti verdissimi e dal frinire placido di un milione di cicale.
Sotto di me quel mare tranquillo che avrei potuto fissare per ore, dall’andirivieni perpetuo, dal rumore costante.
Il tempo di un tramonto sa essere infinito.
Poi è arrivato il momento di lasciare Pula alla volta del nord dell’isola con un breve roadtrip che ci ha condotti a Bosa, comune della provincia di Oristano, sulla costa occidentale dell’isola con le cui case multicolore lungo la foce del fiume Temo l’hanno incoronata uno dei borghi più belli d’Italia.
Perdersi tra le sue casette ed i suoi portantini è facile quanto lo è innamorarvisi perdutamente. A mio parere merita una deviazione.
Una volta salutato il borghetto di Bosa la direzione era una ed una sola: Alghero.
Cittadina storica dell’estremo nord della Sardegna e rinomato centro turistico è una via di mezzo tra un centro della movida di influenza pienamente catalana e una delle città di Game of Thrones, non so se hai reso l’idea.
Ad Alghero non manca niente: locali dove fare aperitivo sotto al bastione, negozietti che vendono corallo sotto tutte le forme (Alghero è la capitale della Riviera del Corallo) e ristorantini che affacciano sul mare.
Per assaggiare la tipica paella algherese il mio consiglio è di andare da Ristorante Placa Civica e, se rimanete qualche giorno, soggiornare all’Alghero vacanze Hotel, un buon compromesso tra qualità e prezzo (ottima e variegata la colazione).
Da qui raggiungere Capo Caccia è un attimo.
E’ un patrimonio naturale dal valore inestimabile, impreziosito da calcari ricchi di fossili e rare piante sulle rupi.
Se tornate ad Alghero in tempo per pranzo non potete non andare presso la focaccia del Milese, un’istituzione in città. Dopo aver passeggiato per la città si è fatta l’ora di tornare alla macchina e recarsi verso l’ultima tappa di questo roadtrip: Olbia, per poi riprendere il traghetto e tornare sul continente.